Stop Geotagging

Cosa succede quando la natura diventa virale?

Siamo fortunati a vivere in un’epoca in cui il turismo è estremamente facilitato grazie al proliferare di compagnie aeree e sempre nuove rotte low cost. Basta uno smartphone nelle nostre mani per aiutarci ad arrivare ovunque, a raggiungere tutto ciò che vogliamo. Fotografare luoghi remoti e contribuire a rendere alcune destinazioni popolari. Ma cosa succede quando la natura diventa virale? 

Nel 2018, il Jackson Hole Travel & Tourism Board nel Wyoming ha chiesto ai visitatori di interrompere la geolocalizzazione – stop al geotagging delle fotografie sui social media – nel tentativo di proteggere le foreste incontaminate dello stato e i laghi remoti, spiegando che il paesaggio era minacciato dai visitatori per via delle splendide viste condivise su Instagram. 
Gli ambientalisti sono preoccupati che i fotografi che geolocalizzano le loro posizioni stiano mettendo a rischio ecosistemi fragili e animali selvatici. Come difesa, chiedono ai turisti di fermarsi.
In alcune parti del Sudafrica, cartelli sono attaccati ai recinti lungo i percorsi dei safari, chiedendo ai fotografi di non condividere la posizione dei rinoceronti, specie minacciata dai bracconieri.
I reclami sui viaggiatori che fanno selfie abbondano. A Hong Kong, gli sviluppi dell’edilizia popolare sono diventati fondali popolari per i fotografi. Le persone sono state avvistate a Yellowstone, nello stato del Montana negli Stati Uniti mentre scattavano fotografie con bisonti. E i visitatori del Louvre passano più tempo a fotografarsi di fronte alla Gioconda che a guardarla. 

piazzetta fuori stagione su una isola greca

Il nostro pensiero nella nostra Europa va alle isole greche, prese d’assalto negli ultimi anni, da quando molte compagnie aree low cost hanno moltiplicato le loro rotte. Diventate sfondi per selfie e foto di fidanzamento, oppure campagne di influencer e travel blogger con decine o centinaia di migliaia di followers. Quelle maggiormente minacciate sono proprio le isole più autentiche e fuori dagli itinerari di massa, dove ancora viva è la cultura locale, con le sue tradizioni e i suoi mestieri ancora non convertiti irrimediabilmente in attività di bed and breakfast, autonoleggi, e servizi al turismo. Terre delicate le isole, già provate da una certa complessità per l’approvvigionamento dei beni primari, e che cominciano in questo modo a strutturare la loro vita in funzione esclusiva dell’estate, privandosi così di servizi, mestieri, e talvolta anche di beni essenziali durante il resto dell’anno.
Con sempre più frequenza sono quindi proprio queste isole, le più fragili, ad essere oggetto degli influencer, travel blogger, e dei cacciatori di selfie alla ricerca continua di una esclusiva, e di un paesaggio inedito da mostrare ai propri followers, alla stregua di Cristoforo Colombo, Magellano, ed esploratori all’approdo su nuovi mondi.
Dana Watts, direttore esecutivo di Leave No Trace, ha dichiarato: “Ci sono molte ragioni per cui le persone vogliono mostrare dove sono state, come vantarsi dei diritti di un posto insolito”. 

Ci piacerebbe che le persone abbiano invece un vero legame con la natura, con i luoghi e con le culture che li abitano. Pensiamo inoltre che sia meglio ispirare, che prendere le persone per mano e condurle con un GPS direttamente a destinazione. La gioia della scoperta, l’interazione con l’ambiente, con i luoghi e le sue genti sono elementi chiave del viaggio.

l'appennino campano, Italia

Goditi il tuo mondo, non lasciare traccia. Stop geotagging
ci dice il Leave No Trace Center for Outdoor Ethics (centro per l’etica negli spazi aperti), una organizzazione che protegge la vita all’aria aperta insegnando e ispirando le persone a goderne responsabilmente. E stilando alcune importanti linee guida che incoraggiano le persone a non geolocalizzare le loro immagini quando le condividono sui social media. 

Il Leave No Trace Center scrive:

Pensa prima di geolocalizzare, tagga attentamente:
considera prima di taggare posizioni specifiche. 
A seconda delle specifiche dell’area evita di taggare (geotag o hashtag) posizioni specifiche. Invece, tagga una posizione generale come uno stato o una regione, se presente; oppure meglio, evita di taggare.
Un tag può sembrare uno strumento innocente, ma può portare anche ad impatti significativi sul paesaggio e l’ecosistema di determinati luoghi.

Fai attenzione a ciò che ritraggono le tue immagini:

rifletti su ciò che le tue immagini potrebbero incoraggiare gli altri a fare. 
Rifletti a seconda delle specificità del luogo

Ci chiediamo se esistono casi in cui il geotagging possa essere d’aiuto a determinati luoghi ad uscire dall’oblio, pensiamo ai paesi in via di spopolamento delle aree interne divorati dall’abbandono, dove un hashtag potrebbe essere letto anche come strumento per rivendicare l’esistenza di un determinato luogo, come un fumogeno di soccorso in mare aperto. Taggare responsabilmente significa quindi interpretare il luogo, le sue esigenze, le sue peculiarità, ed interpretare anche il media con il quale si intende farlo, il suo pubblico e le sue visioni di turismo.
Una mendace e fuorviante narrazione, testuale ma soprattutto fotografica, e una spettacolarizzazione dei luoghi applicata al geotagging potrebbero essere strumenti ad ogni modo devastanti per il destino di un luogo. 

Nel seguente video, dal titolo “Cosa succede alla natura quando diventa virale?”, VOX esplora invece quando e quanto il geotagging delle immagini sui social media sia pericoloso per la natura. 

Questo video mostra cosa succede quando la natura diventa virale, spiegando gli effetti negativi che possono avere i geotagging su posizioni specifiche sui social media. VOX usa Horseshoe Bend come esempio, spiegando come il geotagging sui social media abbia cambiato per sempre l’esperienza dei visitatori e il paesaggio in questa particolare posizione. VOX intervista la gente del posto per ottenere resoconti di prima mano su come l’esplosione della popolarità dovuta al geotagging dei social media abbia influenzato il paesaggio.



Fonti:

  • New Social Media Guidance (Ailsa Walsh – Leave No Trace Center for Outdoor Ethics)
  • Is Geotagging on Instagram Ruining Natural Wonders? (Laura M. Holson – New York Times – nov 29, 2018)
  • When not to geotag while traveling (Christina Djossa – National Geographic)
  • Clear Evidence To Stop Geotagging Specific Locations Of Your Nature Photographs On Social Media (Tim Behuniak – FStoppers, nov 2018)
  • Geotagging your landscape photos is ruining the world around us (Dunja Djudjic – Diyphotography)
Foto: Paolo Picone / Silent Geography
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L'Irpinia, Napoli, e Berlino sono i luoghi che chiamo casa. Mi occupo di design e artigianato, produzioni ed editoria musicale, e per molti anni di management di eventi e tournè di artisti in giro per lo stivale e l'Europa. Design, musica, e viaggi sono le mie tre grandi passioni. Alle scuole elementari conoscevo a memoria quasi tutte le capitali delle nazioni del mondo. Per questo ho fondato Silent_Geography.
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